CASERTA (Nando Astarita). In un sussulto di civiltà, dopo lungo (otto mesi) e faticoso (3500 emendamenti) iter burocratico, è finalmente diventato legge il “biotestamento”, cioè il diritto di ciascuno a decidere il quando ed il come della propria morte, laddove la sopravvivenza dovesse dipendere dai trattamenti sanitari.
A proposito di questa approvazione: rispetto, anche se non capisco, il diritto dei 71 senatori che hanno votato “no”, però mai come in questo caso, trovo davvero comici i 6 che si sono astenuti. Ma forse saranno marziani, e perciò del tutto disinteressati alla cosa.
Ma, per tornare al biotestamento, ora, possiamo dunque stare più tranquilli, anche per i nostri familiari, perché avremo diritto alla cosiddetta “buonamorte”. Basterà che con le Dat (Disposizioni anticipate di trattamento) ci saremo preoccupati di lasciare le nostre volontà circa le cure a cui essere o meno sottoposti se non più coscienti a causa di incidente o malattia.
Potremo rifiutare, ad esempio, anche la nutrizione e idratazione artificiali e tutto quanto rientra nel cosiddetto accanimento terapeutico.
Nefasta pratica per il malato e soprattutto per i familiari che il più delle volte pare rispondere più che all’etica medica soltanto ad adempimenti burocratici, a cautele di legge.
Insomma, anche questa è fatta. Abbiamo sistemato le cose per morire così come ci pare anche se la morte non potremo comunque evitarla, malgrado i progressi continui della scienza medica.
Ed allora, anche se abbiamo superato quella bella età in cui la morte può riguardare solo gli altri, non ne facciamo una ossessione anche se in queste ore, per effetto di questa legge, dobbiamo affrontare, specie sui social, un vero tsunami di riflessioni misogine e pensieri filosofici a gogò.
Per quanto mi riguarda, nella piena consapevolezza dell’ineluttabilità della morte, da tempo mi attengo al principio espresso in un dialogo tra Charlie Brown e Snoopy, quando il primo dice al secondo “Lo sai che un giorno dovremo morire?” E Snoopy gli risponde: “Sì, ma tutti gli altri giorni no!”.
E dunque, finché possibile, viviamola appieno questa vita.
Bella, sempre bella comunque, anche se talvolta appare limitata per certi aspetti anche importanti, da acciacchi vari perché, in tal caso, sarà possibile scoprire con meraviglia che altri suoi aspetti si elevarono a compensare fantasticamente quelli perduti. Perciò, nelle more (più lunghe possibili) del biotestamento, buona vita!