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Tangenti sugli appalti in caserma, caccia al "comandante"

CASERTA. Sono tre le società partecipanti alle gare incriminate finite nel mirino della guardia di finanza e della polizia di Caserta nell’indagine che ha portato all’esecuzione di un’ordinanza cautelare nei confronti di due ufficiali dell’Esercito e di un imprenditore Casertano, Francesco Caprio. Oltre a Coedi srl, Power Group e Casertana Costruzioni, pero’, sarebbero riconducibili alla famiglia Caprio altre quattro società (Gallo Costruzioni, Mediappalti, Golden Green e Impresa Costruzioni), alcune delle quali amministrate formalmente da prestanome. L’inchiesta è partita proprio dalle segnalazioni di alcune irregolarita’ nell’assegnazione alla Coedi srl da parte del Comune di Caserta dei lavori di ristrutturazione dell’ex caserma Sacchi, immobile che dal Demanio e’ stato assegnato al Comune che intendeva ristrutturarlo per adibirlo a sede di alcuni uffici pubblici. Le irregolarità della procedura, confermate anche dal Tar di Napoli che la annullò, hanno indotto gli inquirenti a centrare l’attenzione sui rapporti tra gli amministratori comunali, intesi non solo come politici, ma anche come dirigenti, e i cugini Caprio, imprenditori dell’agro aversano, ma trapiantati a Caserta, a cui sono riconducibili diverse società che risultavano avere vinto gare d’appalto in termini quasi monopolistici bandite dal comune di Caserta. L’attività di intercettazione ha poi permesso di far emergere il rapporto anche tra Caprio e i due ufficiali. Tra gli accordi illeciti venuti fuori nelle intercettazioni e riportate nell’ordinanza del gip Giuseppe Meccariello, ci sono anche i lavori di ristrutturazione della Caserma “Rispoli” di Maddaloni aggiudicati nel 2013 dalla Casertana Costruzioni per un importo di 158 mila euro. Dalle conversazioni emerge anche come uno degli ufficiali, Gaetano M., piu’ volte sollecitasse l’imprenditore a dare le somme pattuite nei tempi stabiliti citando anche ad altri componenti che facevano parte della commissione e, in piu’ di una conversazione, cita un non identificato “comandante”. A tal proposito, il gip scrive “che le indagini sono ben lungi dall’essere completate e che anzi si impone l’esigenza di concretizzare approfondimenti per far emergere ulteriori responsabilità. Il sistema illecito di cui gli indagati facevano parte – continua il gip – vedeva partecipi non solo M. e C., ma anche altri colleghi, alcuni dei quali gerarchicamente sovraordinati”. Per il gip, dunque, bisogna individuare l’eventuale coinvolgimento delle persone finite nelle intercettazioni e il non identificato “comandante” a cui i due indagati si riferiscono più volte.

Pubblicato il 27-01-2016

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